Partiamo da un presupposto: non può esistere una strategia digitale efficace senza chiari obiettivi di marketing e senza una strategia di marketing alla base. Dopo aver individuato i tuoi obiettivi di marketing e di comunicazione e dopo aver determinato target e personas, allora puoi iniziare a valutare quali strumenti da utilizzare. Io ti consiglio di partire da due domande.
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Dai un nome inglese a una pratica e sembrerà una invenzione rivoluzionaria. Il Naming, ad esempio, mica è questione nata con marketing moderno. La necessità di dare nomi a oggetti, esseri viventi o, peggio ancora, ad entità astratte, ha fatto spremere le meningi a fior fior di filosofi, praticamente da quando esiste la filosofia. Cosa dire, poi, della letteratura? Chi meglio di Polifemo può spiegarci l’importanza del giusto nome, o Giulietta con la sua rosa profumata? Perfino la scienza ha avuto il suo bel daffare, nel sottolineare quanto i nomi siano una questione importante: “Se non conosci il nome, muore anche la conoscenza delle cose”, pare abbia affermato a un certo punto della sua vita Linneo.
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Una storia divertente, a lieto fine e dalla quale imparare qualcosa. Esistono storie migliori? Oggi ti presento una creatura mostruosa. Un essere temibile, con il profondo desiderio di distruggere, uccidere, fare a pezzi. Oggi ti presento Eddie the Terrible.
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Uno, nessuno, centomila Instagram hashtag
Esiste una convinzione diffusa che ha fatto più danni alla lingua italiana di quanti ne siano riusciti a fare Gigi Marzullo e Luca Giurato messi insieme. Questa credenza è che su Instagram, quando si tratta di hashtag, più ce n’è e meglio è, senza discriminanti. A differenza di Facebook e Twitter, è vero, questo social non richiede particolare parsimonia: Instagram permette di usare fino a 30 hashtag per ogni foto e qui un utilizzo maggiore rispetto a quello dei social dipinti di blu è del tutto sensato.
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Nella doppia veste di copywriter e social media manager, sono abituata a misurarmi con diversi canali di comunicazione. Questo mi porta a chiedermi come integrarli al meglio per costruire la narrazione aziendale. Le possibilità sono davvero infinite e possiamo raggrupparle in due principali approcci: lo storytelling crossmediale e lo storytelling transmediale.
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Nelle ultime settimane, tra una fetta di panettone tardivo e una manciata di cioccolatini, ho scoperto una interessante novità negli Insights di Facebook, ovvero l’indicazione dell’engagement rate dei post. Si tratta di una percentuale che esprime il tasso di coinvolgimento generato dai singoli contenuti pubblicati. Vuoi sapere perché questa notizia mi ha fatta felice e perché dovrebbe far felice anche te? Continua a leggere.
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